Porta Portese

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Fu costruita in concomitanza della costruzione delle Mura gianicolensi, ampliamento delle Mura Leonine a difesa del Gianicolo, voluto da papa Urbano VIII Barberini, in sostituzione della precedente Porta Portuensis, nel 1644, dall’architetto Marcantonio De Rossi (padre di Mattia De Rossi), lo stesso che aveva realizzato l’intera cinta gianicolense. Al momento dell’inaugurazione, però, Urbano VIII era morto, e fu Innocenzo X Pamphilj, che impose il proprio stemma sulla porta.
L’aspetto generale è comunque quello di una porta incompiuta e con uno stile piuttosto lontano dai canoni tradizionali, con le nicchie vuote ai lati del fornice, le maestose colonne che sorreggono una sorta di balconata anziché un cammino di ronda merlato e priva, tra l’altro, delle classiche torri laterali.
Dalla porta inizia la via Portuense, la via che reca a Porto, la località alla foce del Tevere, vicino Ostia che aveva sostituito quest’ultima come porto per i rifornimenti della città di Roma. Con l’avanzamento della linea del mare, Porto è stato sostituito da Fiumicino.

Il porto di Ripa Grande e l’Arsenale pontificio 

Presso Porta Portese era allocato (all’interno delle mura per ragioni daziarie) il porto fluviale principale di Roma, detto, proprio per ciò, “Ripa Grande”. Oltre la porta (per le stesse ragioni daziarie, ovvero perché i materiali destinati ai cantieri pontifici non dovessero pagare dazio, al contrario delle merci destinate alla città), venne costruito a metà del Settecento l’Arsenale pontificio.
Con la costruzione dei muraglioni, del porto non restò che il nome, che designa il tratto di Lungotevere tra il San Michele e la rampa lungo il fiume, e dell’Arsenale il grande capannone in muratura, riconvertito a deposito di materiali edili (a Roma detto smorzo). Dopodiché per decenni, fino agli anni ’70 del Novecento, lo sviluppo urbanistico di Roma capitale distolse gli occhi da questa zona, che rimase destinata a servizi di grande ingombro e di scarso prestigio: i manufatti di scarico del sistema fognante, depositi di materiale edile (tra i quali quello citato), il vecchio canile municipale, un deposito dell’ATAC: la città sembrava finire a viale Trastevere, al di là del quale si estendeva una zona amorfa, punteggiata di baracche e semiabbandonata, regno di pantegane, robivecchi con le loro baracche abusive, sfasciacarrozze.

Il Complesso Monumentale di San Michele e le rampe di Ripa Grande

Lo stesso Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande, trasformato e utilizzato solo in parte come carcere minorile fino al 1938, rimase abbandonato e andò sempre più in rovina fino al 1969, quando iniziò il lungo restauro che ha portato l’intero complesso ad ospitare molti uffici del MiBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali): due direzioni generali, l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e la scuola di alta formazione, i laboratori di restauro, il laboratorio di fisica e la biblioteca dell’Istituto superiore per la conservazione ed il restauro.

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